
Il dolore degli altri
Sciamani e guaritori non sono immuni alla sofferenza; chi aiuta altri esseri umani deve aver sviluppato determinate capacità, una fra tutte quella di lasciar fluire la sofferenza senza porre resistenza. Queste persone non sono superumane, ma al contrario rivestono un ruolo molto difficile che li vede ogni giorno impegnati nel trasformare il dolore, proprio e altrui
di Maurizio Falcioni – Fonte: KarmaNews.it

Michael Clarke Duncan, ne “Il miglio verde”.
Vi ricordate il film Il miglio verde? Racconta la storia di un uomo che riesce a guarire le persone succhiandogli via il male, per poi vomitarlo dalla bocca attraverso piccoli follicoli svolazzanti simili a cenere. Il grande gigante buono aveva un dono meraviglioso, se solo avesse voluto avrebbe potuto guarire il mondo intero e per questo il mondo stesso lo condanna a morte. Infatti nel film il grande uomo buono viene accusato di aver ucciso brutalmente due bambine e rinchiuso nel braccio della morte, “il miglio verde”. Ciò che sorprende è che il suo dono meraviglioso è vissuto come una condanna perché non solo esso ti mette nella condizione di aiutare gli altri, ma ti fa vedere molto chiaramente la causa del male, ciò che si trova alle spalle della sofferenza e che diventa nel tempo l’ossessione di ogni guaritore.
Ecco la scelta estrema del grande uomo buono e in un certo modo la terribile sincronia che annulla ogni possibilità di reale guarigione, di estirpare il male alla radice. Il mondo degli uomini sembra estinguere ogni possibilità di reale crescita perchè incline agli opposti, quindi costantemente in una condizione di annullamento.
Chi ha facoltà curative è il primo ad aver conosciuto il dolore
Gli sciamani, nel contesto di appartenenza, sono sempre quelli che risultano “diversi”; potremmo anche dire più semplicemente, unendoci al pensiero di James Hillman, che la loro ghianda, il richiamo del dàimon aveva già provveduto a prepararli per un compito molto speciale. In bioenergetica le persone che risultano avere facoltà curative vengono definite “raggi viola”: non tutti questi individui sono consapevoli delle loro qualità ma si trovano spesso in contesti lavorativi che li obbligano ad entrare in contatto con molte persone. Le loro storie personali, sorprendentemente, lasciano intravedere un estremo contatto con il dolore.

Un ritratto di don Juan, lo shamano maestro di Castaneda.
È quindi chiaro che uno dei sintomi del potenziale curativo è quello che manifesta un’“insostenibile condizione dell’essere”, sentirsi stretti nella morsa del proprio destino e da questo profondo attrito riuscire a sviluppare la capacità di percepire la sofferenza altrui e in qualche modo succhiarla via oppure mutarne la frequenza. Come ci ricorda anche Jung quando, parlando della propria vocazione, afferma di sentirsi “stretto nella morsa del dàimon”.
Gli sciamani sono omuncoli spesso piccoli e stortigni, sul cui voltosi vedono le cicatrici della sofferenza che trasuda dalle rughe accese e da qualche malformazione fisica. Lo stesso don Juan raccontando la propria storia a Castaneda lo mette nella condizione di comprendere questa realtà attraverso i fatti dolorosi di un passato estremamente difficile che, racconta Don Juan, si attivò nel momento in cui, colpito da un proietti di arma da fuoco e in fin di vita venne salvato dal suo benefattore, un altro sciamano che aveva visto in lui “lo spirito del nagual”.

Il mistico Bruno Gröning (1906-1959).
Sfatiamo dunque una delle tante idiozie newage: “Colui che ti aiuta a guarire non è immune alla sofferenza”. La differenza sta nel modo in cui egli soffre e questo è il particolare che distingue uno sciamano, un guaritore, un bravo psicoanalista o chiunque abbia scelto di aiutare altri esseri viventi, da una persona comune. La persona comune quando realizza di soffrire entra in una reale scissione e non ha alcuno strumento, non ha alternativa; o si mantiene all’interno del proprio recinto di sopportazione oppure entra nel panico. Un guaritore invece non conosce questi confini, non ci sono limiti alla sofferenza, in lui ogni sofferenza trova libero flusso, non trova attrito oppure ne viene consumato come successe a Bruno Gröning, il famoso guaritore dei miracoli che impedito da una sentenza della magistratura a operare sulle persone si spense lentamente in pochi anni dopo una dolorosa agonia che lui stesso definì: “bruciare dall’interno”.
Diffidate dunque da chi vi fa credere di avere superato la condizione della sofferenza perché l’unico essere vivente che in questo mondo riesce ad andare al di là di essa, non è più in questo mondo.
L’origine della sofferenza
La sofferenza è generata dal contatto dei sensi con il mondo esterno. Questi vengono introiettati ed elaborati dalla mente inconscia, per poi riversarsi nuovamente sul corpo sotto forma di sensazioni: non c’è distinzione tra la mente e la materia, sono letteralmente un tutt’uno e collaborano per generare sofferenza. La sofferenza non distingue alcuna dualità, sia che abbiamo un’esperienza di dolore o che abbiamo un’esperienza piacevole; la sofferenza è radicata all’interno della dualità, è il meccanismo stesso che la genera e non la condizione superficiale che possiamo distinguere ed etichettare. La sofferenza è una radice profonda e attinge da un humus composto da rimosso psicologico e ancora prima da un vissuto che supera la condizione del tempo orario per dilatarsi in epoche e vite passate. L’essere umano non risvegliato genera sofferenza come se fosse una sostanza del suo stesso corpo.
Coloro che hanno potuto vedere questa condizione con molta precisione, di conseguenza, hanno dovuto lasciare che questa sofferenza li invadesse completamente, altrimenti non avrebbero neppure potuto comprenderne il meccanismo. E soprattutto hanno compreso come poter operare attraverso la propria sofferenza su quella degli altri. Il guaritore non fa altro che cambiare la frequenza delle persone, “muovere il punto di unione” come intendono dire gli sciamani, attivando in esse una nuova consapevolezza..
C’è un pensiero comune, in un certo senso un pregiudizio, che riguarda l’idea che abbiamo rispetto a chi ha la possibilità di alleviare le nostre pene. Queste figure sono viste come al di sopra delle parti, come se avessero oltrepassato e sperimentato già tutta la gamma delle esperienze e quindi più predisposte a riversare la loro conoscenza sugli altri. Si dimentica però che queste persone soffrono come tutti quanti e quindi idealizzarle nel credere che vivano una condizione idilliaca è un grave errore perché in questo modo si rischierebbe di imitarli, non rispetto a quello che realmente vogliono farci vedere, ma rispetto alla nostra idea che abbiamo di loro, un’idea che non corrisponde alla realtà della natura umana, ma più che altro ad una forma innaturale, una creatura mitologica legata alle fantasie del bambino interiore che rincorre una condizione ideale simile alle fasi idilliache del concepimento.
Il vero maestro
Una vera guida, un maestro che possa realmente definirsi tale ti permette di riconoscere la verità nobile della sofferenza, ti insegna a riconoscerne le cause, l’ignoranza e la bramosia generata da una mente impura, la continua ricerca di piacere di gratificazione dalle esperienze del mondo esterno. Il maestro vuole darti un’iniziazione, vuole farti comprendere profondamente che lui non è affatto speciale, non è un fenomeno soprannaturale, ma al contrario è perfettamente radicato nella terra e con essa in armonia, cioè “fluendo con essa”. Il corpo deve diventare fluido per mezzo della mente: in questo modo la sofferenza non cesserà ma esisterà liberamente fino alla completa estinzione al termine dell’esperienza “nel corpo”. Dobbiamo fare attenzione a non fraintendere. Terminare l’esperienza nel corpo non significa interrompere il processo di morte e rinascita; finchè c’è nascita c’è sofferenza, ci ricorda il Buddha. È quando l’intero processo si estingue, è quando non c’è più nascita che la sofferenza si interrompe. Questo è il tentativo che si innesta durante la fase del cosiddetto “attraversamento del bardo”. Il periodo in cui è possibile accelerare il processo di morte e rinascita, raggiungere il Nirvana e letteralmente “estinguersi”.
La morte è l’unico passaggio inevitabile, come ci ricorda Hillman quando ci parla della dea Necessità, Ananke. La morte è una necessità imprevedibile ma pur sempre necessaria; comprenderla significa prepararsi a qualcosa di necessario per l’anima ecco perché sono stati scritti infiniti volumi su questo particolare momento dell’esperienza umana. La necessità è una “potente forza cosmica” secondo Platone, e questo possiamo appunto vederlo con maggiore chiarezza al termine dell’esperienza nel corpo dove ciò che abbiamo vissuto appare all’occhio interiore, essere stato necessario.
Una volta una persona durante un seminario mi disse: “Ho cominciato a sentirmi felice quando ho realizzato che la felicità non esiste”. “Bene” le rispondo io. “Perché non ci racconti come ci si sente?”. Aveva forse fatto qualche pratica miracolosa? Aveva ricevuto la benedizione di qualche santone o si era forse immersa nell’acqua della fonte magica? No. Semplicemente aveva raggiunto un livello tale di sofferenza capace di farle mollare la presa sul punto nel quale era più attaccata. La mente si era disidentificata con la causa della sofferenza; una piccola distanza tra l’oggetto con il quale si era identificata aveva permesso alla vita di entrare e lei si era sentita più felice. Questa persona aveva naturalmente cominciato a sviluppare la facoltà che le avrebbe permesso di aiutare altri esseri umani perché consapevole del processo che permette alla sofferenza di esistere senza alcuna resistenza da parte nostra. L’intero gruppo aveva cambiato frequenza vibratoria e molte delle persone presenti si sentivano meglio e più serene.
Chi sono quindi i guaritori? Sono persone umili, fedeli al flusso inevitabile delle “necessità” che la vita gli impone e lentamente, attraverso questo processo di accettazione, spiritualizzano l’intera struttura corporea riuscendo in questo modo a leggere l’anima altrui per mezzo dell’occhio onnisciente dell’angelo. Sono in definitiva persone molto pericolose per il sistema che ci governa e da sempre perseguitate, sono esseri umani che hanno risvegliato alcune facoltà specifiche dell’anima e non più controllabili quindi potenzialmente minacciose per gli organi di sistema.
Un difficile ruolo da rispettare
Abbiamo visto come, partendo dall’esempio del film “il miglio verde”, l’essere umano predisposto ad aiutare e guarire altri esseri umani non sia immune alla sofferenza ma al contrario invaso da essa, la propria e quella altrui, impegnato continuamente in una faticosa elaborazione dell’enorme quantità di dolore che avvolge l’intero genere umano. Questo ribaltamento della figura mitologica del guaritore dovrebbe aiutarci a comprendere e rispettare il difficile ruolo che queste persone rivestono sul pianeta; esse hanno realizzato il loro scopo e non possono tirarsi indietro. Si tratta di una sfida molto difficile che li vede impegnati ogni giorno nel riuscire a sopportare l’enorme pressione del lato oscuro che agisce continuamente per annientare la fonte della consapevolezza. Una lotta che li vede impegnati a combattere il pregiudizio, l’ignoranza, l’invidia, la superstizione, la politica inumana delle istituzioni, i settarismi bigotti e incattiviti dalla paura, tutte le forme di aggressione che provengono da secoli di condizionamenti che vivono negli esseri umani e che difendono il proprio diritto ad esistere. L’enorme onda egocentrica prodotta da tutto ciò deve essere sopportata e digerita da chi ogni giorno si impegna umilmente con il fine di aiutare altri ad uscire dal sistema che li controlla e li divora ogni minuto di più.
L’ego anela ad un risultato soprannaturale, una variante opposta al male che trasversalmente risulta essere una delle sue tante facce. C’è un’esigenza estrema di potere, ma i guaritori posseggono un potere che non coincide con le esigenze dell’ego; si tratta del potere della rinuncia, del silenzio, della semplicità, dell’umiltà, è il potere che risiede nella persona santa che appare al mondo egoico come insignificante, spregevole, inutile e che una volta divenuto simbolo acquista nuovamente una valenza egoica superumana, un traguardo da ambire ma che solo in pochi sono predestinati a realizzare.
Autore: Karmanews.it
