
Il Solstizio, il Buco Nero ed il Seme
La fine dell’anno solare coincide con la fase più notturna del nostro calendario, quando le notti iniziano presto, irrompendo nel mezzo delle nostre consuete attività diurne, e ci accompagnano in un lungo percorso di relazione con l’oscurità.
Il buio, la sua carezza, il suo mistero, instillano in me il bisogno di rallentare, di dilatare le pause ed i silenzi fra le azioni. Mi sono trovata spesso a combattere contro questa inarrestabile tendenza, nella paura che tutto si disgregasse, che le mie migliori intenzioni si dissolvessero, rimpiazzate da una insana pigrizia. Una nota canzone dei Bandabardò recitava: ‘Se mi rilasso, collasso’, ed io in quel monito ho sempre creduto, e vi ho costruito attorno la mia operosa vita, sempre in movimento, sempre proiettata in avanti…mille cose da fare, da conoscere, da vivere, sempre…
Tutto bene, se non fosse che, di tanto in tanto, un improvviso senso di svuotamento, di ironico nonsense mi prende, e percepisco la mia identità ed i miei obiettivi trasformarsi in un pulviscolo senza consistenza, mentre al centro di me si crea una zona, appunto, di collasso, talmente densa da attrarre ogni cosa al suo interno. Per molto tempo nella mia vita ho tentato di resistere all’attivazione di questo buco nero dell’anima, contrapponendole forza di volontà, ottimismo on demand, ed un poco convinto iperattivismo. La paura è come un portale semiaperto, oltre cui possiamo intravedere quell’indefinito che non osiamo esplorare, verso cui nutriamo un terrore sacro, un senso di tabù, certi che qualunque cosa si trovi oltre quella soglia sia terribile ed inaccettabile.
Come molti di voi, i miei compagni di viaggio su questa Terra, ho scelto però, ad un certo punto, di affacciarmi a quel portale, con curiosità mista a timore, poiché la vita mi ha insegnato che l’oscurità è solo la proiezione momentanea del nostro corpo contro una luce più grande; proiettiamo lì la nostra ombra solo perché è lì che l’anima, nella sua indagine, ci sta guidando. Quando lo capiamo, e ci rannicchiamo con fiducia in quell’angolino, immediatamente la luce ci inonda.
Così ho scelto di lasciarmi risucchiare da quel buco nero, cogliendo in esso non una minaccia ma un invito, un generoso regalo dell’universo che mi incoraggia a sospendere la mia corsa, a deviare, per un istante, la linea temporale della mia esistenza per accogliere qualcosa di inedito.
Ho imparato ad amare quel senso di disgregazione, che mi permette di osservare che cosa, di me, ancora sta a galla e che cosa è necessario lasciare andare. È come una grande operazione di pulizia, come passare un aspirapolvere gigante sul mio tappeto magico.
E che cosa, in questa lunga notte di solstizio, voglio abbandonare della vecchia me?
Sicuramente quel senso di inadeguatezza, di non essere abbastanza, che ancora un po’ mi appartiene, e che mi spinge a cercare approvazione e conferme dal mondo esterno, a mendicare consensi, cercando di piacere a tutti, e a criticare severamente ogni mio ‘errore’. E in questo universo olografico, dove il piccolo ed il grande risuonano per analogia, sentirsi inadeguata nei confronti degli altri si declina, nel microcosmo della mia intimità, nel non sapere io per prima accogliere me stessa in ogni istante, e nel macrocosmo dell’Uno che ha creato tutto ciò che è, nel non percepire quell’amore incondizionato che è la fonte di ogni cosa, di sentire ancora che il mio Dio non mi accetta così come sono.
Getterei poi in quel buco nero quel senso di separazione, di alterità che mi fa a volte dimenticare che siamo un unico, incredibile organismo, e che ogni mio pensiero, parola ed azione ha un riverbero ed un effetto nella creazione, e che le mie intenzioni e scelte possono avere un respiro infinitamente più ampio di quello che hanno ora, se solo riesco a portare in me il silenzio, a ricordare che ciò che conta non sono tanto le parole ma lo spazio che le distingue e assieme le collega, quel luogo che Eckhart Tolle chiama presenza.
Infine lascerei andare quella smania di fare, quel continuo proiettarmi in avanti, quella fame bulimica di novità e di stimoli che in realtà mi distrae dall’unica cosa che conta, ovvero il qui ed ora.
E così il mio buco nero, in cui getto il materiale oscuro della mia anima, le scorie che ho processato e che ora non mi servono più, diventa la fucina dell’alchimista, dove il piombo si trasmuta in oro ad effetto di quel meraviglioso catalizzatore che è la consapevolezza, e la materia si purifica e si condensa in un unico, prezioso, piccolissimo seme, nel cui DNA sono inscritti i miei desideri per il tempo che verrà: amore, unità, fiducia.
Questo seme è già interrato nelle vaste lande della coscienza, e dolcemente inizia a germogliare.
Auguro a tutti voi una buona piantagione, e spero che presto ci raduneremo, con gioia, nella foresta che abbiamo creato.
Grazie.
Autore: Benedetta
