L’arrampicatore

Da un po’ di tempo ho compreso di abitare un qualche ramo di un albero immenso ed esteso: ho raggiunto la mia posizione arrampicandomi su dai rami più bassi, e a ogni biforcazione ho scelto via via quale ramo prendere per continuare la mia ascesa.

Ora sono qui, sotto di me l’intrico delle forcelle che ho già attraversato; so che potrei tracciare, con un po’ di sforzi e alcuni anni a disposizione, l’esatto percorso dal punto di partenza fino alla mia posizione di oggi, o addirittura potrei fantasticare su quale sarebbe la mia posizione se invece di quel ramo avessi scelto quell’altro, se all’altezza di quel bivio avessi preso la destra invece della sinistra.

Ma a che servirebbe? Ora sarei forse più a destra, più al centro, più in basso o addirittura più in alto, ma sarei sempre sull’albero, e qualcosa mi dice che l’importante non è tanto esplorare tutta la pianta, quanto uscire dall’albero. Per lo stesso motivo il linguaggio non può raggiungere alcuni significati, perché le parole fanno parte dell’albero, ma quei significati ne sono al di fuori.

Ora la maggior parte delle mie energie sono impegnate per uscire dall’albero, a volte mi dibatto nel tentativo, altre volte mi prende la consapevolezza che sia sufficiente un singolo sforzo, preciso e diretto come un impulso privo di disturbo. Potrei uscire dall’alto, raggiungendo le cime giovani, quelle che tremano al vento e che nessuno sa se resisteranno al temporale, e sarebbe certamente un modo colmo di leggerezza per uscire di scena, oppure, più semplicemente, potrei scendere dall’albero, con la stessa determinazione con cui mi sono arrampicato fino a qualche tempo fa, convinto che fosse l’unica cosa da fare.

E mentre scendo verso i rami più grossi, vedrei altre persone intorno a me guardarmi sbigottite: ma che fa? Tutti questi anni per arrivare dove è arrivato, tutte queste energie, gli anni di scuola, il tirocinio, e poi prende e molla tutto? Ma che fa, scende davvero? Regredisce?!

Devo dire che questa modalità di uscire dall’albero mi diverte molto di più, ma non credo di avere l’energia necessaria per “regredire”, credo che starò un po’ a cavalcioni del mio ramo, guarderò il panorama, respirerò il vento che penetra attraverso il fogliame, osserverò con aria sorniona gli arrampicatori integerrimi che si avvicendano intorno a me, e poi, un giorno d’ottobre quando l’aria si annuncia più fredda e pungente del solito, salterò giù per fare quattro passi tra le stelle.

Immagine di Mike Birdy
Autore: Niccolò Angeli
Niccolò Angeli
Amo costruire ponti di significato tra l'antica saggezza e il futuro. Spesso lo faccio creando meditazioni e viaggi interiori per facilitare la guarigione, la consapevolezza e il risveglio. Tutti i miei contenuti in inglese li trovi su Kyrian.art.

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