
Le onde gravitazionali
Da un mese a questa parte è l’evento “fisico” dell’anno, per non dire del decennio. Le onde gravitazionali sono sulla bocca di tutti, come una grandissima scoperta che permette grandi conferme. Ma cosa sono, davvero, queste onde? E sono qualcosa “di nuovo” o qualcosa che qualcuno, non così poco tempo fa, aveva predetto? Come cambiano, poi, la nostra visione del mondo? Cerchiamo di scoprirlo insieme…
di Sergio Ragaini – Fonte: KarmaNews.it
Onde gravitazionali: se ne è parlato molto, nell’ultimo periodo. Si è parlato di qualcosa che per alcuni è stata una grande conferma di qualcosa di comunque già annunciato. Qualcosa che, secondo qualcuno, potrebbe davvero cambiare la storia della Fisica stessa. Naturalmente, l’eco di tutto questo è rimbalzato, tra gli addetti ai lavori, che hanno compreso di cosa si tratta, e tra i non addetti ai lavori che, come spesso accade, hanno solo “fatto riecheggiare” l’evento, senza però comprendere a fondo di cosa si tratta.
Quello che, credo, è importante fare, è cercare di dipanare il velo, sia di presunto mistero che di entusiasmo forse eccessivo relativo a questo argomento, per comprendere questa scoperta nell’ottica che le compete: un’ottica che ne fa una grande conferma e forse davvero potrebbe aprire le porte a nuove prospettive culturali, umane ed esistenziali.
Innanzitutto, per comprendere il problema e la scoperta, credo sia importante capire di cosa si sta parlando, andando proprio alla fonte, alla gravità. Ed è quello che ora ci proponiamo di fare.
La forza di gravità: un mistero
La gravità, nel cosiddetto “modello standard”, è la quarta, la terza per alcuni, forza che entra in gioco, dopo quella elettromagnetica, l’interazione forte di quella debole. Oggi anche l’”interazione debole”, che deriva dal decadimento radioattivo di un nucleo atomico, può essere riportata all’interazione elettromagnetica. Non a caso la si chiama “forza elettrodebole”.

Il bosone di Higgs.
Tutte queste forze, sempre in base a questo modello, vengono veicolate da particelle, che si definiscono bosoni, i quali costituiscono una delle due famiglie di particelle elementari. L’altra è quella dei fermioni, che costituiscono gli elementi di cui è formata la materia. Tra i fermioni vi sono anche i quark. Alcuni, erroneamente, parlano in generale di quark attribuendo questo nome a tutte le particelle elementari, mentre i quark sono solo una parte di tali particelle, e sono i “mattoni” che la costituiscono.
Di questo, comunque, ho già parlato in altri miei articoli. Ai quali rimando per una trattazione più approfondita. La forza elettromagnetica, forte e debole sono comunque state accuratamente studiate e descritte, anche sperimentalmente, dalla fisica moderna. Descrivendo ed osservando sperimentalmente i bosoni che le mediano.
Quello che, sotto molti aspetti, rimane un mistero, è la gravità. In che senso, vi chiederete? Nel senso che è una forza perfettamente definita, in termini fisici e strutturali. Già Netwon aveva introdotto la sua Legge della Gravitazione Universale, definendo la mutua interazione tra due corpi.
Tuttavia, il modello standard, che associa forze a particelle, non riesce a spiegare questa forza in maniera dettagliata. Secondo il modello citato, la forza di gravità è veicolata da particelle, dette gravitoni. A livello teorico e matematico queste sono perfettamente descritte, comprese le loro proprietà. Il problema è che non sono state, almeno per il momento, osservate sperimentalmente.
Secondo la scienza, almeno per come la conosciamo oggi (mi astengo dal definire il modello scientifico attuale positivo o negativo: è un modello possibile), rientrano solo nel campo delle ipotesi.
Qui, però, posso aprire una parentesi. Infatti, ritengo che una cosa, quando viene definita matematicamente, essendo la matematica uno strumento comunque oggettivo, capace di superare le percezioni fisiche, possa avere valore di verità. In fondo, la manifestazione empirica coinvolge un range molto limitato di percezioni. Quindi, è possibile che ciò che definiamo “non verificato sperimentalmente” appartenga a quelle percezioni che non siamo in grado di recepire con la nostra struttura sensoriale, ma che, tuttavia, sono ben presenti ed esistenti.
Questo argomento, comunque, ci porterebbe fuori dal nostro tracciato. Le onde gravitazionali, anche in tal senso, potrebbero essere comunque una prova “empirica”, anche se indiretta, dell’esistenza dei gravitoni. E anche su questo torneremo a breve.
Tuttavia, quanto ottenuto in via teorica, rivela proprietà che possono essere definite davvero notevoli e inaspettate. La prima di queste è che questi “gravitoni” passerebbero in tessuto spazio-temporale. Questo vuol dire che potrebbero, almeno secondo il modello teorico, essere indipendenti da spazio e da tempo. Suffragando, in tal senso, la teoria dei wormholes, i tunnel spazio temporali, che mettono in comunicazione punti dello stesso universo, o addirittura di universi differenti.
Corpuscoli e onde
Tuttavia, parlando di onde, la teoria corpuscolare e ondulatoria della materia è già cosa acquisita. Già De Broglie, nel 1924, con la sua omonima ipotesi (detta, appunto, “Ipotesi di De Broglie”) definiva che la materia ha due caratteri: corpuscolare ed ondulatorio. Tutta la materia, quindi, è fatta simultaneamente di corpuscoli e di onde. Oggi, la parte più avanzata della fisica, la “Teoria delle Stringhe”, ha definito che tutte le particelle che noi conosciamo, sia quelle materiali che quelle “non materiali” (nel senso che veicolano forze e non forme), sono costituite da strutture, dette “stringhe”, che vibrano sino a 26 dimensioni. Dove, qui, la parola “dimensioni” è intesa come “gradi di libertà”, vale a dire il numero dei parametri che occorre fissare per definire la posizione di un sistema.
Facendo un esempio: se consideriamo un punto su una retta, per poterne fissare la posizione basta fornire una coordinata; un punto nel piano si fissa dando due coordinate (ascissa e ordinata), un punto nello spazio si fissa con tre coordinate (ascissa, ordinata e quota).
Dire, quindi, che un sistema ha 26 gradi di libertà, significa affermare che, per poterne fissare la posizione, occorrerebbe fornire 26 parametri. La cosa non stupisce più di tanto: in fondo, nella fisica quantistica, la posizione di una particella non è definibile, e non si parla di posizione, ma di probabilità di trovare la particella in una determinata posizione. Infatti, lì, la posizione di una particella è descritta in uno spazio ipotetico ad infinite dimensioni, detto “Spazio di Hilbert”.
Onde di gravitoni
Dopo avere definito che una particella è simultaneamente anche un’onda, abbiamo già definito qualcosa relativamente allo onde gravitazionali. Infatti, quelle osservate sono state in un certo senso “onde di gravitoni”. Sono state osservate, seppur in particolari condizioni, onde che rappresentano particelle.
E qui possiamo fare ancora un passo indietro, alla natura di altre componenti della nostra realtà. Nel 1927, a Como, il fisico danese Niels Bohr enunciò il dualismo onda–corpuscolo, definendo che la luce è costituita sia di onde che di corpuscoli e che questi due stati non possono coesistere. La luce è onda nel caso di fenomeni come la riflessione, la rifrazione e la diffrazione, mentre è corpuscolo in fenomeni quali la cessione e l’assorbimento di energia.
L’osservazione di onde gravitazionali, quindi, potrebbe in qualche modo dimostrare una sorta di “duale” di quanto appena descritto: infatti, applicando il dualismo e la citata ipotesi di De Broglie alle onde gravitazionali, si potrebbe dedurre che, accanto alle onde, vi sia anche una “natura corpuscolare” della gravità. Quindi, la gravità sarebbe anche composta da corpuscoli oltre che da onde. Così come la luce, anche la gravità potrebbe avere una duplice natura. E le stesse onde potrebbero essere, simultaneamente, particelle. Di conseguenza, l’osservazione empirica di onde gravitazionali potrebbe essere, in un certo senso, assimilabile all’osservazione dei gravitoni. Le onde potrebbero “essere” gravitoni in un’altra forma. Le particelle non ancora osservate, quindi, quelle che mancano per completare il modello standard, sono quindi quelle che si celano dietro le onde gravitazionali. Sono essere stesse quelle onde che sono state osservate.
Il continuum spazio-temporale
Direi che questo, se confermato, potrebbe essere un risultato notevole. Che va a completare un modello che oggi appare come quello che rappresenta al meglio la realtà per quella che è davvero. E che avrebbe, in questa osservazione, la sua completa definizione.
Ma quando si parla di onde gravitazionali si va anche a cercare di comprendere la storia della fisica. Un secolo fa (proprio nel 1916), Albert Einstein pubblicava la Teoria della Relatività Generale. Mentre la Teoria della Relatività Ristretta, pubblicata 10 anni prima, mostrava come la velocità sia in grado, quando è vicina a quella della luce, di deformare il cosiddetto continuum spazio temporale, la Relatività Generale va a studiare i rapporti tra la gravità ed il tessuto spazio temporale.
Einstein, quindi, arrivò a definire come non solo la velocità, ma anche la gravità sia in grado di deformare il continuum spazio temporale. Definendo quindi l’equivalenza tra gli effetti dell’accelerazione e quelli della gravità.
I buchi neri, punti di passaggio tra universi
Ecco un primo, importante, passo per capire la questione, ancora prima della definizione del dualismo tra onde e corpuscoli (che giunse alcuni anni dopo, benché sia stata anticipata proprio dallo stesso Einstein con l’Effetto Fotoelettrico nel 1905): gli effetti della gravità, quando è superiore ad un certo livello, possono deformare il tessuto spazio temporale. E questo apre la strada alla definizione dei buchi neri come punti di passaggio non solo all’interno dello stesso universo, ma anche tra universi. Chi ha visto il bellissimo film Interstellar ha potuto, lì, prendere contatto con un buco nero rotante (detto “di Kerr”), in grado di distorcere lo spazio-tempo, generando, appunto, un wormhole, di cui parlavo poco fa.
Einstein, quindi, ha descritto per primo, in maniera intuitiva, le onde gravitazionali come strutture in grado di deformare il continuum dello spazio e del tempo che noi conosciamo. Per la relatività, poi, il tempo viene trattato come un’altra coordinata, ed infatti lo spazio viene definito a quattro dimensioni. La gravità è in grado di curvare questo spazio-tempo, e infatti lo stesso Einstein enunciò una teoria detta “dello Spazio curvo”. Il grande scienziato ha intuito che ci dovesse essere qualcosa che mostrava queste “pieghe”, derivanti dalla curvatura.
In fondo cosa è un’onda? È una perturbazione, oscillatoria e periodica, in un mezzo o nel vuoto. In un mezzo questa si manifesta in maniera visibile, attraverso strutture che potrebbero ricordare delle increspature. Basti pensare alle onde sulla superficie dell’acqua del mare per rendersi conto di cosa sto parlando. Increspature che, in questo caso, vanno a piegare il continuum che noi conosciamo.
L’antigravità o Energia Oscura
Prima di andare maggiormente nei dettagli della scoperta, che ora, dopo questa panoramica, risulterà più chiara nella sua particolare bellezza, mi sbilancio però con una possibile ipotesi avveniristica: se la gravità è in grado di superare il continuum spazio-temporale, potrebbe essere un mezzo del futuro per comunicare a distanza siderale. Infatti, sarebbe impossibile farlo utilizzando l’elettromagnetismo, in quanto è soggetto ai limiti della velocità della luce, e di conseguenza una comunicazione tra stelle impiegherebbe anni, o secoli, per giungere a destinazione.
Un’altra precisazione sulla gravità riguarda la cosiddetta “antigravità”. Si tratterebbe di una “gravità negativa” che, quindi, invece che effetti attrattivi avrebbe effetti repulsivi. Una cosa che può lasciare stupiti, ma che viene giustificata dal fatto che l’universo è non solo stazionario, ma addirittura in espansione. La gravità negativa sarebbe la cosiddetta “Energia Oscura”, che già fu teorizzata da Einstein. Collegata con essa vi è la “Costante Cosmologica”, che fornisce una sorta di “energia del vuoto”.
L’antigravità fa parte del modello detto “Multigravità”, in cui quindi non vi è una sola gravità, ma ve ne sono diverse. L’energia oscura costituisce circa il 70% dell’energia dell’universo. Collegata all’energia oscura vi è la “materia oscura”. Questa, che costituisce circa il 27% della materia totale dell’universo, si dice così perché, pur essendo a tutti gli effetti materia, è rilevabile solo attraverso la gravità: infatti, non emette nessuna radiazione elettromagnetica. È quindi determinabile solo attraverso la gravità. Fu studiata per la prima volta nel 1933 dall’astronomo Fritz Zwicky, il quale osservò che la massa di ammassi di galassie era superiore a quella che ne poteva derivare dall’analisi della loro luminosità.
La deformazione dello spazio-tempo
Dopo questo excursus sulla gravità, che ne ha, in qualche modo, chiarita la struttura, abbiamo capito che la scoperta, o per meglio dire la prova empirica delle onde gravitazionali è stata, sotto diversi aspetti, quell’elemento che è andato a “legare” molte strutture già definite, fornendone la verifica empirica che mancava. E riuscendo a dare, sotto molti aspetti, una definizione a qualcosa che, altrimenti, non l’avrebbe avuta.
Le onde gravitazionali, infatti, vanno a definire direttamente come lo spazio–tempo si deforma in presenza della gravità. Il modello di Einstein, per cui la gravità è un effetto della curvatura, appunto, dello spazio-tempo, trova perfetta conferma in strutture che alterano questa curvatura, generando vere e proprie “pieghe” in essa. La difficoltà della loro rilevazione è duplice, e può essere ascritta a due fattori. Il primo è che la forza gravitazionale è comunque più debole delle altre e, quindi, per essere osservata in tal modo, come deformazione di un tessuto spazio temporale, richiede masse molto grandi.
La seconda è che, se vi è questa deformazione, l’osservatore non la percepisce, perché solidale con la deformazione stessa. Per fare un esempio, noi ruotiamo a velocità attorno ai 1500 km/h, ma non percepiamo alcuna rotazione, perché il nostro moto è solidale con quello della terra e della sua atmosfera. Quindi, per osservare le deformazioni dovute alla gravità, oltre che masse molto grandi, occorre una grandezza che non subisca deformazioni e variazioni. Questa esiste, ed è la velocità della luce, sempre uguale a se stessa e al valore di 300.000 km/sec.
Gli interferometri e le onde gravitazionali
Per poter osservare le onde gravitazionali, quindi, si sono utilizzate strutture dette “interferometri”, consistenti in un tubo ad L alle cui estremità si trovano degli specchi sospesi. Questi sono in grado di rilevare anche le più piccole deformazioni dello spazio tempo, anche se in origine lo scopo era quello di studiare le interferenze delle onde elettromagnetiche.

Un interferometro LIGO.
Una delle prime volte in cui un interferometro fu utilizzato fu nel noto “Esperimento di Michelson-Morley”, del 1887, che negò l’esistenza del vento d’etere.
Proprio grazie ad uno di questi interferometri, il LIGO, acronimo di Laser Interferometer Gravitational-Wave Observatory, le onde gravitazionali furono osservate. Gli interferometri LIGO sono due, e sono situati rispettivamente a Livingston (osservatorio Livingston) e a Richland (osservatorio Hanford). Essi sono identici e constano di un tubo vuoto lungo 4 km.
L’annuncio dell’osservazione delle onde gravitazionali fu dato ufficialmente l’11 febbraio 2016, con un articolo della LIGO e della Virgo Foundation, dal titolo: Observation of Gravitational Waves on a Binary Black Hole Merger, che significa “Osservazione di onde gravitazionali derivanti dalla fusione di due buchi neri”. L’articolo è relativo ad un segnale ricevuto alcuni mesi prima, il 14 settembre 2015.
La fusione di due buchi neri rotanti
L’osservazione è stata compiuta osservando la “fusione” tra di loro di due buchi neri rotanti, ad una distanza di circa 1,3 miliardi di anni luce dalla terra, aventi massa circa 30 volte quella del sole.
Questa fu la prova definitiva che si cercava.
Per la cronaca, la distorsione che si ottiene tra gli specchi è circa di 10-18 m, dove il diametro di un atomo di idrogeno è circa di 10-11 m. questo fornisce un’idea della difficoltà di osservazione di queste onde. Che, comunque, sono state osservate. Confermando le teorie prima esistenti, compresa la possibilità che questo definisca per la prima volta il gravitone in forma empirica. Ed aprendo una nuova era per la ricerca.
Durante una conferenza tenuta presso il Planetario di Milano, il fisico Marco Giammarchi aveva definito “commuovente” questa notizia. Possa capirlo: questo costituisce la prova empirica di teorie che hanno costituito i cardini della ricerca scientifica contemporanea. L’osservazione di queste onde dimostra inequivocabilmente che Einstein aveva ragione. E che l’Universo è davvero molto più complesso, ma anche affascinante, di come lo si può immaginare semplicemente osservandolo.
Per saperne di più:
L’articolo menzionato nell’articolo è disponibile in lingua inglese all’indirizzo:
https://physics.aps.org/featured-article-pdf/10.1103/PhysRevLett.116.061102
Un testo piuttosto chiaro ed esaustivo sull’argomento si trova all’indirizzo:
http://www.wired.it/scienza/spazio/2016/02/04/domande-risposte-onde-gravitazionali/
All’indirizzo: http://www.ilgiornale.it/news/cronache/intervista-massimo-esperto-onde-gravitazionali-suo-team-ha-c-1224185.html si può trovare un’intervista al fisico Giovanni Prodi, che spiega cosa sono queste onde e come la loro scoperta possa rendere più comprensibili alcuni fenomeni dell’Universo.
Autore: Karmanews.it
