Ciao,
hai detto una cosa fondamentale...
quanta importanza che ci diamo!
Io credo che nell'importanza che ci diamo risieda anche il nodo principale di qualsiasi sofferenza. L'
importanza personale era ritenta dal maestro di Castaneda anche il maggiore ostacolo al risveglio dello Spirito, non a caso...
Con importanza personale si intende l'identificazione estrema con la propria struttura egoica (che sia vittima o carnefice non fa differenza) al punto da gonfiarsi nell'immensa presunzione di capire il mistero dell'esistenza.
Chi ha molto fuoco trasforma questa importanza personale in arroganza e diventa un presuntuoso, chi tende verso la malinconia diventa invece depresso e privo di motivazione... ma l'origine è sempre l'importanza personale.
Non intendo dire con questo che lo stato di depressione non abbia una sua utilità: ha infatti una funzione infallibile nel mandare in crisi proprio le strutture dell'ego che non ci servono più, nello stimolarci a cambiare pelle. Ma quando la depressione diventa cronica, quando si trasforma in un "male di vivere" che ci trasciniamo dietro sempre più stanchi (ma in fondo un po' rassegnati), ecco che è di nuovo l'importanza personale a prendere il comando, facendoci credere che il nostro destino sia magari... quello di soffrire.
Per questo motivo io trovo che lo strumento in assoluto più potente di tutti sia sdrammatizzare sé stessi, alleggerirsi del bisogno più o meno inconscio di sentirsi vittime sacrificali o malati senza speranza.
Come si fa?
Il modo migliore è stare con le altre persone, aumentare le proprie relazioni, passare più tempo possibile in contesti leggeri dove si fanno e condividono cose con persone amiche.
So perfettamente quanto per il depresso questo sia difficile, perchè il guscio sembra duro da rompere, eppure la via è questa, e io mi stupisco sempre di quanto rapidamente lo stare giocosamente con gli altri possa sdrammatizzarci.
Improvvisamente scopriamo che non ci siamo solo noi, ci sono anche gli altri! Questi altri hanno problemi diversi dai nostri, alcuni li possiamo consigliare, da altri possiamo trarre ispirazione, ma soprattutto ci rendiamo conto piano piano che la nostra sofferenza ha un recinto molto piccolo a confronto con l'immensità dell'umanità che la circonda; quel recinto diventa immenso solo quando ci chiudiamo dentro di esso e ne facciamo il nostro nido di dolore.
Per chi se lo può permettere, un periodo di lavoro e condivisone in una comunità dove si accompagna il lavoro spirituale a quello della terra è l'ideale. Non ci sono molti luoghi così in Italia, ma a cercare qualcosa c'è di sicuro, così a memoria mi viene in mente Damanhur vicino a Ivrea, Miasto qui in Toscana, Alcatraz in Umbria, Findhorn in Scozia... è probabile che si trovino anche comunità più piccole e che condividono una spiritualità più leggera, meno segnata dalla presenza di un maestro o di una via (Findhorn e Alcatraz ad esempio sono così... leggere).
Comunque, il contatto con Madre Terra, la condivisione e il gioco con gli altri, il lavoro spirituale nel gruppo... questi sono gli ingredienti chiave secondo me per qualsiasi profonda guarigione emozionale.
Tutte le altre cose che uno può fare aiutano di sicuro, ma sono forse meno incisive e tendono a diluire la sofferenza piuttosto che a trasformarla fino in fondo (questa è una mia opinione comunque, ognuno ha un percorso suo e può essere benissimo il caso che il lavoro individuale con un terapeuta porti a una profonda guarigione).
Ti consiglio quindi di continuare il lavoro di meditazione, ti sosterrà e ti darà chiarezza, ma cerca anche di capire dentro di te se desideri e ti senti pronta per un'esperienza di guarigione condivisa, profonda e trasformativa... e se senti quel desiderio comincia a cercare fiduciosa, affidando al tuo Spirito di portarti le risposte e le indicazioni giuste.
Abbraccio
P.s.
mi sono accorto che ho preso la tangente e non ti ho affatto risposto sulla paura della morte, ma probabilmente è perchè non avevo alcuna risposta