Poco tempo fa è scattato un allarme sulle carni rosse e lavorate, che per alcuni medici sarebbero le principali responsabili del tumore al colon. Per avere un parere medico, ci siamo rivolti al dottor Cesare Santi, presidente dell’AMIOT (Associazione italiana medica di Omotossicologia), specialista in angiologia e chirurgia vascolare ed esperto in Microimmunoterapia.

«Il principio per cui si dice che le carni rosse e lavorate e gli insaccati (affettati e salumi) fanno male è essenzialmente perché sviluppano delle citochine proinfiammatorie (proteine che svolgono un ruolo importante per la difesa immunitaria: contribuiscono infatti al processo di proliferazione di alcune cellule coinvolte nei processi infiammatori e immunitari dell’organismo), le quali sviluppano e alimentano l’infiammazione. Di per sé l’infiammazione, che è l’espressione dell’immunità innata, non è un fatto negativo, anzi, è un meccanismo di difesa dell’organismo verso ospiti indesiderati. Ogni cosa può essere sintonica o distonica, e solo se diventa distonica dà origine alle patologie. Alcuni anni fa Time uscì con una copertina che intitolò  “The secret killer”, con un servizio sull’infiammazione, che oggi si chiama low grade inflammation. Essa è come un fiume sotterraneo che lavora dentro di noi, l’infiammazione di basso grado ma presente come fenomeno distonico, a livello cellulare di matrice extracellulare. Quando si manifesta, cioè quando il fiume da sotterraneo sorge in superficie è già tardi, è già una manifestazione della patologia cronica degenerativa.

La chiave della salute a tavola è evitare gli eccessi. Il  mondo occidentale fa un uso di un’alimentazione estremamente proinfiammatoria, per eccesso di lieviti, sostanze raffinate (zuccheri e farine) e eccesso di carni rosse lavorate. Però da qui a criminalizzare la carne direi proprio di no, le popolazioni sono cresciute anche con la carne. Nè possiamo dire che il vegetariano e il vegano è libero da degenerazioni cancerose: bisognerà trovare una via di mezzo.

Tuttavia credo che un’alimentazione rigorosamente vegetariana si debba imporre per lunghi periodi quando abbiamo in atto una malattia oncologica, perché le citochine proinfiammatorie tirano la volata alla neoangiogenesi, al rimodellamento della matrice extracellulare, aprono una via alla metastasizzazione, alla diffusione a distanza del tumore. Però direi che in un soggetto in buona salute occorra semplicemente osservare la moderazione, come  in tutte le cose; non credo che la carne una volta alla settimana o ogni dieci giorni faccia male. Sarà molto difficile eliminare del tutto  questa abitudine, soprattutto nella tradizione italiana. Ma se ogni alimento compare a tavola con una certa rotazione anche l’intolleranza alimentare cessa. Quindi per me la risposta all’allarme che c’è stato è sicuramente la moderazione».