
Storia di un’illuminazione intermittente
Oggi vorrei raccontare qualcosa di me. Percepisco talvolta che poiché mostro sempre il mio “profilo buono” a chi mi segue, le persone tendono a farsi un’idea sbagliata. Qualcuno mi vede come un “maestro”, altri mi prendono ad esempio… ma un esempio un po’ irraggiungibile.
Oggi vorrei mostrare invece qualcosa di diverso, per aiutare a capire chi ama il mio lavoro che la gioia e la luce che esprimo non sono una mia esclusiva, esse accadono invece “nonostante me”, nonostante le mie paure (che sono molte e variopinte), e così come accadono a me possono accadere a chiunque nel momento in cui si accetta profondamente ciò che di noi percepiamo come errore.
Tutto è accelerato per me con una serie di intensi risvegli intorno al 2.000…
Nel mezzo dei miei studi universitari, caddi in una profonda crisi esistenziale che mi produceva continui stati depressivi. Tutto ciò che avevo fatto e raggiunto fino a quel momento mi sembrava non avere più senso, mancava qualcosa di essenziale, e c’era un buco doloroso al centro del mio petto.
Così, alla disperata ricerca di un nuovo significato, cominciai a cercarlo nella sezione “esoterismo” delle librerie, e quasi che ciò avesse stappato una valvola di sicurezza, iniziai quasi subito a vivere strane e affascinanti esperienze durante la notte: quelle che vengono definite “esperienze fuori dal corpo”.
In questo modo cominciò la seconda parte della mia vita, una vita alla ricerca dell’oro dello Spirito, e in cui la curiosità mi ha spinto a sperimentare i più diversi cammini e le tecniche più disparate per continuare a stimolare in me quel senso di profonda unione con il tutto che a volte avevo sentito quando, fluttuando fuori dal mio corpo di carne, mi inoltravo in mondi al cui confronto il nostro sembra un quadro sbiadito.
E’ stato un percorso ricco di crisi e cadute, a cominciare dalla fame verso il “potere” fine a sé stesso… una fame che per alcuni anni mi ha portato fuori strada, finchè non ho cominciato a capire che qualsiasi “potere psichico” possiamo raggiungere può essere solo un effetto naturale di una diversa ricerca, una via ben più misteriosa che potremmo definire “la ricerca dell’Essere”.
Ho anche osservato il mio ego crescere e raffinarsi insieme alle mie capacità, creando quell'”ego spirituale” di cui tanti ricercatori cadono facilmente preda.
In questo cammino che mi ha visto perdermi e ritrovarmi più volte, non ho ancora trovato un Maestro che stimolasse in me devozione totale, qualcuno tra le cui braccia abbandonarmi e alle cui indicazioni affidarmi in totale fiducia. Ho seguito alcuni maestri, e li ho certamente amati, ma alla fine sono sempre tornato a camminare da solo.
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L’illuminazione intermittente
Chissà… forse questa esperienza della devozione mi attende nel futuro, o forse non è semplicemente la mia strada. Con il tempo ho imparato a contattare invece quel Maestro Interiore (a volte lo chiamiamo anche Sé Superiore) che sta nel punto più silenzioso di ciascuno di noi, e ho cominciato a percepire un immenso amore provenire da Lui.
Ho imparato così giorno per giorno a comunicare con questa Intelligenza che mi abita, ma questo non significa che io sia un illuminato. Talvolta mi sento separato da Lui, non sento la sua voce, altre volte il mio ego si gonfia con la presunzione di “avere capito tutto”, solo per sgonfiarsi poco dopo e lasciarmi in un mare di confusione.
Ancora oggi vivo talvolta crisi di depressione in cui mi sembra che il mondo non abbia senso, durante le quali non riesco più a provare piacere o a fare le cose più semplici.
Ma, a differenza di quel lontano anno 2.000, oggi so che queste “tristezze” sono come nuvole che passano in quel cielo che io sono. Ho imparato a manipolare meglio la loro energia, o semplicemente a lasciare che si esaurisca da sola senza nutrirla di preoccupazione.
Il mio lavoro di insegnamento si fonda perciò non a caso anche su quel principio che definiamo “ombra, resistenza, sofferenza…”, che non è altro che un aspetto della luce stessa, ma un aspetto distorto dai traumi e dalle memorie della nostra storia personale.
All’inizio ho cominciato semplicemente a proporre alle persone quei processi che io stesso avevo elaborato per la mia guarigione emozionale, e la risposta è stata talmente positiva da stimolarmi a farne un’attività a tempo pieno, almeno per ora.
Questo non significa che io sia una persona generalmente “triste”, anzi. Direi piuttosto che ho una personalità bipolare, dove a grandi balzi estatici si alternano lenti momenti di valle. Questo tipo di dinamica è estremamente diffusa nelle persone di oggi, e soprattutto in coloro la cui Anima sta vivendo profonde trasformazioni. Crescere è sempre un’esperienza scomoda, soprattutto quando ci si rifiuta di abbandonare la vecchia pelle che ormai ci sta così stretta. Eppure in quel senso di scomodità c’è anche il prezioso stimolo che ci spinge a porci domande e a sollevare gli occhi dal nostro piccolo orto.
Perché soffro, perché sto male, perché le cose non vanno come desidero?
La ricerca della risposta a queste domande è stata ed è ancora oggi per me fondamentale… “la ricerca” è stata fondamentale, non la risposta, perché è in quel continuo stimolare sé stessi verso maggiore luce che avviene il miracolo della guarigione, la comprensione vera di come stanno le cose.
Il dubbio diabolico
Ecco, oggi posso dire di avere qualcosa da dare agli altri, di avere un “surplus” di energia che non posso fare a meno di donare, quasi che fosse una necessità del corpo. Eppure, talvolta la mia mente si chiede… “Perché ancora mi capita di perdermi e brancolare in questo senso di separazione. Perché ancora soffro? E se soffro, è giusto che io doni e mi ponga come esempio per gli altri?”
Un dubbio diabolico, in cui sono certo molti operatori si ritrovano in questo tempo. Perché un altro degli inganni con cui abbiamo soffocato noi stessi è quello della perfezione. Una vocina dentro di noi ci ripete che bisogna essere perfetti prima di poter donare un’insegnamento spirituale.
Eppure, anche il Maestro Gesù era talvolta preso dal dubbio, (vi ricordate la scena del Getsémani?). La dottrina Cattolica ce lo racconta spesso più come Dio che come Uomo, eppure lui era entrambi e sono certo che la sua natura umana andasse in crisi di tanto in tanto, o sentisse meno il contatto con quel Dio che la adombrava.
Lo stesso vale per ogni essere umano. Se senti dunque di voler donare un insegnamento, fallo nonostante le tue presunte imperfezioni, l’importante è che tu mostri anche loro onestamente, senza cercare di ammantarti di una luce che non possiedi.
Per me, è stato importante capire che quella Intelligenza che talvolta sento abitarmi e agirmi, non è in contraddizione con la natura del mio piccolo sé materiale. Essa esiste a prescindere, e si serve di me appena gliene concedo l’occasione, così come si serve di ogni altra persona per comunicare qualcosa che altrimenti, senza il tramite di un corpo di carne, sarebbe più difficile da seminare nel mondo.
Se tutti aspettassimo di sentirci perfetti e senza macchia, l’energia che veicola il risveglio della coscienza in questo tempo farebbe molta più fatica ad attecchire.
Ecco anche perché quando qualcuno mi chiama “maestro” o anche solo “insegnante spirituale” mi schernisco. Non è falsa umiltà, ma piuttosto il bisogno sincero di definire le cose per come sono.
Io sono solo un tassista che porta a spasso una Presenza vasta e intrisa di amore. Spero che le persone, vedendo il luccichio di quella Presenza nei miei occhi non la confondano con il tassista, ma siano invece stimolate sempre di più a vederla dentro loro stessi, a capire che per quanto il loro piccolo sé possa sentirsi imperfetto e fragile, la Presenza abita ognuno allo stesso modo, ed è pronta a mostrarsi non appena lasciamo aperta una fessura nella nostra corazza.
Ecco un altro pregio della sofferenza, aprire crepe nel muro di arroganza di cui spesso ci circondiamo, far arrugginire e poi cadere a pezzi le nostre scintillanti corazze… andare in crisi è spesso una benedizione, perché di crisi in crisi si scopre di non avere veramente nessun potere, nessun controllo, e allora finalmente si getta la spugna lasciando che sia la Presenza a guidare i nostri passi.
Oggi, se pure molti mi “seguono” e mi prendono ad esempio, non mi sento per nulla arrivato, anzi… talvolta mi sento più in crisi di sempre. Eppure rido di me, della mia follia, dei circoli viziosi che escogito per perdermi meglio; e soprattutto ho imparato a osservare quel piccolo me stesso quando si lamenta e si contorce, e osservandolo lo perdono, lo ringrazio, lo amo, perché con tutte le sue cadute non ha ancora mai smesso di cercare.
Perché a volte bestemmio
Infine, devo spezzare una lancia per quella qualità che alcuni definiscono ancora “Ombra”, dando a questo termine una connotazione negativa. Quando parlo con la Presenza, percepisco spesso come l’incontro tra il mio piccolo sé e quel Sé Superiore sia ricco di chiaroscuri.
Qui, su questa Terra, siamo immersi nel contrasto, e in qualche modo amiamo l’ambiguità delle ombre, ci affascina no gli aspetti “oscuri” del nostro mondo. Basta guardare all’arte e alle storie che produciamo. Un mondo solo intriso di bontà e fiorellini, dopo poco stucca i più creativi tra noi, e abbiamo bisogno di sporcarlo un po’ con quel tanto di chiaroscuro che ce lo renda più interessante.
Quando parlo con la Presenza, sento che essa è perfettamente a posto con tutto questo. Continua a ripetermi che “non ci sono regole, l’unica regola è l’Amore, e l’Amore si mostra in infiniti modi”. Ciò che invece spesso ci fa credere che dobbiamo solo pronunciare parole “pure”, e solo compiere gesti “buoni”… quella è la mente che ha paura magari di inoltrarsi nel contrasto e viverlo fino in fondo.
Io, lo ammetto, ho sempre avuto paura del conflitto, e per difendermi da esso sono diventato una persona che si fa amare facilmente. Le persone mi apprezzano subito, io sorrido, e così evito ogni attrito. Ma alla lunga, mi sono dolorosamente accorto di quanto questo atteggiamento possa rallentare la mia crescita. Mi arrocco nella pelle di un bravo ragazzo, ma non perché io lo sia veramente, solo per paura di attraversare le asperità del mondo.
In questi anni sto quindi gradualmente imparando a dire “no”, a sbraitare parolacce, a fare la voce grossa e ad essere, talvolta, un po’ osceno. Per quanto possa questa sembrare l’antitesi di un’evoluzione spirituale, è invece per me un intenso lavoro di crescita, e dopo ogni parolaccia che faticosamente strappo dalle labbra del bravo ragazzo, sento ancora più intensamente l’amore per il mondo.
Poiché non ci sono regole, e luce e ombra sono solo definizioni di qualcosa che è in realtà non definibile e che si situa oltre la dualità che percepiamo, il vero cammino accelerato dovrebbe essere esplorare sempre ciò che ci causa inizialmente scomodità: quella qualità che ci manca. Non perché una qualità sia migliore di un’altra, ma perché si tratta di creare uno spazio di unità dentro sé stessi dove è infine possibile trascendere i propri personaggi.
Per me che vesto così spesso il bravo ragazzo, alzare la voce e dire oscenità è un atto di teatro, non mi verrebbe mai spontaneamente. E poiché è un gesto teatrale, è anche “puro” di per sé, non avviene sotto la spinta incosciente dell’ego, ma è anzi stimolato dalla Presenza stessa così che io possa liberare ciò che per tanto tempo ho sepolto.
Benedizioni!
Autore: Niccolò Angeli
